Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. III, 1974 – BEIC 1804859.djvu/317

Da Wikisource.

le «ricordanze» del settembrini 3ii

Raffaele, Giulia, gli uccelli, la marina, la sua casa di Posilipo, i giardini, il cielo, la tomba di Virgilio, tutto gli torna innanzi, tutto esce vivo dalla sua immaginazione.

Soprattutto quel Raffaele non lo lascia piú; è il più caro sogno tra i suoi sogni.

Sono stato lungamente a riguardare questo spazio di mare, quest’isoletta vicina, e quelle lontane, quei battelli dove vedevo muovere uomini, quel camposanto dove dormono per stanchezza di dolori alcuni disgraziati compagni, e le onde dell’«infecondo mare», e il cielo dipinto dalla benedetta luce del sole, e sentiva venirmi sul volto, entrarmi nei polmoni un filo d’aura vitale che mi ha ristorato le forze, mi ha messo nell’animo quella dolce malinconia che spesso ho sentito al suono d’uno strumento musicale. Mentre cosí stavo, io sognavo ad occhi aperti, e mi veniva a mente il mio caro figliuolo che ora va scorrendo i mari, e che non so dove ora sia;... e mi ricordavo quando lo vidi e lo benedissi l’ultima volta il 18 dicembre i85i prima ch’egli partisse per l’Inghilterra. Chi sa che fa ora il povero figliuol mio, che patisce e quanto patisce! chi sa se potrò più rivederlo! Egli ha giá diciotto anni; oh! quanto vorrei vederlo!... Mentre cosí pensavo e stavo per più profondarmi in questo doloroso pensiero, mi sono sentito una mano su la spalla, e Gennarino mi ha detto: — Che guardi? — Il mare ed il cielo, — ho risposto.

Questo non era «doloroso pensiero», come dice lui, ma tenera malinconia, madre de’ sogni. I dolorosi pensieri ci sono pur troppo. Si sente immalvagire tra malvagi, perde l’immagine della virtú e della bellezza. Poi compatisce a quei malvagi, e se la piglia con quelli che non li educarono, e fa sermoni. Poi viene la noia, la stizza.

Lo studio mi disgusta, il far niente mi pesa, il conversare coi compagni mi dispiace, e non vorrei udirli pure, non vorrei vederli; abborrisco tutti e me stesso, e tutto quello che è, che fu, che sará. Da prima io ero un uomo di buona pasta, ora sono di pasta di cantaridi: per nulla mi adiro, vo’ sulle furie.