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3i2 saggi critici

Gli si guasta il carattere, gli si inacerba il cuore, gli si oscura l’intelletto.

Io non sono piú uomo, ma la centesima parte di un uomo. il corpo è grave e stanco, nel capo non ho più lume ma una tenebra oscurissima, nel cuore molti squarci profondi e dolorosi mi fanno male assai assai.

E si ricorda il Petrarca, e conchiude:
                                    Non son chi fui: di me perì gran parte;
Questo che avanza è sol languore e pianto.
               

Finisce con due versi del Petrarca! Ricominciano le nenie, e finisce con una terzina di Dante! E conclude: — Oh, vorrei non essere nato uomo! — .

C’era in lui una vena letteraria che lo assiste consolatrice nelle maggiori strette. Eccolo fantasticare sugli uomini nel più vivo del suo disdegno.

Siamo tutti una mistura sozza di moltissima sciocchezza, di alquanta malizia, e di poche goccioline di senno... Che cosa è il vero? L’ vero è quel punto, quel corpo, che non si sa se sia scuro o luminoso, mobile o immobile, se esista o non esista, intorno al quale dicono gli astronomi che gira il sole del nostro sistema planetario, e glì altri soli. Io l’ho cercato, e non l’ho trovato: io l’ho amato e son rimasto deluso e addolorato. Foss’egli il dolore? foss’egli la morte? Oh! dovrò saperlo una volta. Che cosa ho scritto? Io nol so, né voglio rileggerlo.

C’è del Leopardi. Sono fantasie ch’egli non prende sul serio, come Leopardi le sue. Sono fantasie da cui germogliano versi. Sicuro. Sente morire la sua mente, e fantastica e le fa il canto funebre: ciò che prova che la mente era piú viva che mai, mentr’egli grida: — «É morta, è morta» — . Sembra che quella fantasia sul Vero lo abbia fissato, e che gli sia parsa bella e nuova, e la continua in verso. Ricorda, quando l’anima e la