Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. III, 1974 – BEIC 1804859.djvu/361

Da Wikisource.

nota 355

VOLUME SECONDO


25. - La «Fedra» di Racine. — È stato restaurato qui il testo della prima pubblicazione, la sola curata dal De Sanctis («Rivista contemporanea» i856). Diamo qui le varianti introdotte da Co.

P. 5 r. i0: «men vecchio», Co «non vecchio». P. 8 r. i9: «vi è Fedra, Ippolito», Co «vi è Ippolito». P. i2 r. ii: «Il buon senso risponde di no. Una tragedia può avere tutti questi caratteri, ed essere mediocrissima. E se ciò», Co «Il buon senso risponde di no. E se ciò». P. i7 r. 27: «ci vediamo una specie di predestinazione: le vediamo scritta in fronte la catastrofe», Co «vediamo in lei una specie di predestinazione: sulla fronte vediamo scritta la catastrofe». P. i8 rr. 5-6: «dire che ama, ed un momento dopo dire che odia Ippolito», Co «dire che odia Ippolito». P. 20 r. 30: «sentimento o immagine», Co «sentimento o immaginazione»1.



  1. Siccome crediamo che sia stata abbastanza dimostrata la necessitá di una revisione del testo Co, d’ora in avanti ometteremo le varianti di quest’ultimo, benché nei nostri appunti siano assai frequenti dei casi interessanti. Ecco qualche esemplificazione di commiato : nel saggio Carattere di Dante e sua utopia, il D. S. (p. i02 r. 6 sgg): «Parecchie canzoni e sonetti hanno per fondamento un fatto reale, che, quasi focile, cava dalla sua anima vive scintille»; Co scrive invece «quasi facile». Nel saggio Schopenhauer e Leopardi (p. i22, r. 28) D. S. scrive: «Ma il nocciolo era troppo grosso, e non si poteva ingozzare» : Co scambia nòcciolo con nocciuolo, com’egli scrive. Nello stesso saggio, a p. i25 r. i8, D. S. scrive : «Schopenhauer dev’essere un testone», intendendo con «testone» una «gran testa», «una mente solida»; Co corregge: «Schopenhauer non dev’essere un testone», con evidente fraintendimento dell’accezione in cui D. S. usa la parola «testone». Nel saggio L’ultimo dei puristi D. S. (p. 23 o r. 28) parla degli «orrori della... pronunzia » dei giovani giunti di fresco alla scuola del Puoti dalle loro provincie; anche qui Co intende correggere una lezione in cui sono concordi giornali e volumi, e mette «errori». Nel saggio Francesca da Rimini (p. 24i r. 24) D. S. scrive : «verso tanto tormentato da’ cementatori» (a proposito del verso : «quel giorno piú non vi leggemmo avante»); Co scrive: «verso tanto commentato dai commentatori», e l’errore evidentemente è stato originato dal fatto che nell’edizione del i879 dei Nuovi saggi critici si trova (p. 2) per errore di stampa tomentato. Abbiamo invece accettato con Co la variante «sentir Pontano cantare», contro «sentir lontano cantare», lezione a nostro giudizio errata, pur avendo la testimonianza concorde del volume e della rivista (p. 274 r. 26). Nel saggio La prima canzone di Giacomo Leopardi (p. 340 r. 6), il D. S. in una citazione riporta : « E per vero, se hai parlato da ciò, non ci senti la dolcezza ecc. »; questa frase è correttamente riportata nei giornali, dove si legge: «se hai palato da ciò»; ma Co scrive: «se hai parlato da ciò». E, per finire veramente, a p. 349 r. 4, in una citazione dal Petrarca, Co fa dire al Petrarca e al D. S. : «piaghe immortali, Che nel bel corpo tuo ecc!».