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ugo foscolo 77

Bonaparte, e che sembrava «l’aurora di perpetuo sole», si che il mondo ricominciava il suo corso e prendea data da quella, come giá a’ tempi del Cristo. Quell’ode era grido di esultanza che mandava tutta Italia al «giovine eroe», dal quale attendea la sua redenzione, esprimea comuni gioje e comuni speranze. Io mi fermo qui, e domando cosa era dunque questo giovine entusiasta, che si facea voce di Italia, e s’intitolava da sé «liber’uomo», e si facea chiamare «Niccolò Ugo», anzi anche «Ugone», quasi modello che posi, e dica: — Guardatemi — . Era ancora, come si direbbe oggi, un collegiale, e putiva di scuola: aveva ancora il cervello vagante, non aveva trovato sé stesso. Pure si tenea gii un grand’uomo, e aveva giá il suo cerchio di entusiasti, che lo gridavano tale. Una sua tragedia, il Tieste, era stata molto applaudita; una sua poesia per monaca correa per le mani di molti: poetava, amoreggiava, giocava, gittava frizzi ed epigrammi, declamava, «rabbuffato il crine, con rauca voce e fiammeggianti sguardi», come scrivea nella sua ammirazione uno de’ suoi adoratori. Chi erano costoro? Erano suoi compagni di scuola, di studii, di aspirazioni e di vita, i piú discepoli dell’abate Cesarotti, che riconoscevano la sua superioritá e si stringevano intorno a lui. Egli era il grand’uomo di quel piccolo mondo giovanile, ed era anche il suo Beniamino. Lo ammiravano e lo amavano, perché il grande uomo, se avanzava tutti d’ingegno e di studii, era uguale a tutti nella vita, in quella dissipata spensieratezza propria dei giovani, ora fragorosa e allegra, ora sentimentale e malinconica: era tutto amicizia, tutto tenerezza, tutto baci, mandava baci alla madre, a Laura, all’amico Olivi, e a Cesarotti. Facile all’entusiasmo e all’abbattimento, com’è di tutti i caratteri nervosi, ora si ritirava in solitudine, e petrarcheggiava, metteva in rima le sue malinconie, cantava la sua Laura, e deplorava la sua giovinezza giá passata:

                               Sul mattin della vita io non mirai
Pur anco il sole, e ornai son giunto a sera
Affaticato, e sol la notte aspetto;