Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. III, 1974 – BEIC 1804859.djvu/82

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Come uomo lungamente amato e desiderato che torna in patria, l’Italia rivede Ugo Foscolo. Il grande esule viene a prendere il suo posto accanto a Vittorio Alfieri, nel tempio de’ suoi Sepolcri, nella cittá delle sue Grazie. Nessun uomo ha avuto nemici cosí accaniti, anche oltre la tomba; pedanti politici e letterarii mescolavano il loro abbajare colle pie mormorazioni dell’ipocrita, e la sua immagine ingrandiva sempre. Il tempo cancellò dalla vita sua la parte aneddotica e terrestre, materia di accuse e di calunnie, e rimase la statua, adorata come un idolo dalle nuove generazioni. Anche oggi, se parli ai giovani di Foscolo, non odono ragionamenti, non ammettono discussioni, credono in Foscolo, amano Foscolo; e lo amano, perché lo amano, per una forza occulta, come si spiegava tutto una volta. È questo grido universale di simpatia, che pone oggi sul suo piedistallo il grand’uomo, affogando nell’immenso plauso le voci ostili e anche imparziali. Io stesso non mi sento libero, o, per dir meglio, m: sento attrarre da questa universale simpatia, e con riverenza di discepolo mi accosto al grand’uomo, e lo interrogo, cerco di comprenderlo, cerco di strappargli il segreto di una grandezza cosí popolare.

Io leggo: Bonaparte Liberatore, oda del liber’uomo Niccolò Ugo Foscolo. Aveva allora diciannove anni, presente ad una rivoluzione che si allargava all’Italia, grazie alle vittorie di