Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. III, 1974 – BEIC 1804859.djvu/84

Da Wikisource.
78 saggi critici

ora ne’ crocchi alfiereggiava, tonando contro la tirannide, gonfie le gote di patria e di libertá. Era in miniatura l’immagine del secolo che giá volgeva alla fine, nella sua coltura e nelle sue tendenze. Greco di patria, avea familiari gli scrittori greci, come gl’italiani. Avea studiato il latino, che non era uscito ancora di moda. Le tragedie di Alfieri, il Giorno di Parini, l’Ossian, la Bassvilliana davano a questi studii gli ultimi contorni, l’aria moderna. Questa era la istruzione «officiale», ammessa o tollerata. Ma ci è l’istruzione segreta, gustata col sapore del frutto proibito, fatta tra pochi e confidata all’orecchio. La coltura europea era giá penetrata in Italia; la lingua francese vi era divenuta comune, e si traducevano dal francese molte opere inglesi e alcune anche tedesche. Il nostro Ugo si gittò su questa letteratura con aviditá, e l’aggiunse ai suoi studii classici. In quella prima febbre di lettura e di composizione, che prende tutti gli uomini di qualche ingegno, lo vedi tradurre gli Annali di Tacito e il Contratto sociale di Rousseau, tradurre Anacreonte e Catullo, e poi Milton e Gessner. Nella sua immaginazione coesistevano con pari diritto il Vangelo, il De Officiis, e Montesquieu, Tacito e Raynal, le Canzoni del Petrarca e le Lettere di Abelardo ed Eloisa, il Telemaco e la Nuova Eloisa, l’Orlando Furioso e il Don Chisciotte, Longino e Marmontel, Locke e Volfio. Sulla base solida de’ suoi studii classici s’alzava un edificio fragile, fatto in fretta e senza disegno, non bene armonizzato né in sé, né con quella base. La conclusione de’ suoi studii fu che in Italia era tutto a rifare, religione, governo, leggi, costumi, scienza e letteratura. Questo era sentito piú o meno chiaramente da tutti, e temuto o sperato secondo le passioni. Il mondo era vecchio e corrotto, e bisognava ringiovanirlo. Il rimedio era la libertá; il medico era la filosofia; e il nuovo stato sociale che dovea uscirne, era la democrazia. Si trattava di restituire all’uomo i suoi diritti, che la natura gli avea dati, e la societá gli avea tolti. Si voleva considerare le cose non nello stato di corruzione in cui erano, ma nel loro stato di origine, nella loro costituzione naturale. Alfieri avea dato