Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. III, 1974 – BEIC 1804859.djvu/85

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ugo foscolo 79

un grande impulso a queste idee, e Beccaria le avea rese popolari anche nella scienza; né i principi le avevano in gran sospetto, perché sembravano indirizzate principalmente contro i preti e i nobili, loro antichi e non domi avversarii. Tutto, dunque, andava a seconda; Parini, Beccaria, Filangieri erano voci gradite anche in alte regioni; i governi si faceano essi stessi iniziatori di riforme giuridiche ed economiche, stringendo il freno al potere ecclesiastico. In questa classica terra dell’Arcadia anche la rivoluzione si concepiva arcadicamente, e parea possibile rinnovare il mondo senza violenze né esagerazioni, concordi principi e popoli, e tutti contenti, come nell’etá dell’oro. In quel moto rapido d’idee la riforma toccava anche la letteratura. Il Minzoni, il Rolli, il Frugoni, il Metastasio, furono giudicati poeti vuoti o molli, voci della vecchia Italia; tornò a galla Dante; si mirò alla forza, al sublime, al grandioso, al magnifico; si domandarono ispirazioni alla Bibbia e fino ai Celti. Indi la popolaritá degli abati Monti e Cesarotti, graditi piú che {AutoreCitato|Vittorio Alfieri|Alfieri}} a quell’etá ancora arcadica, urtata con troppa violenza dal fiero astigiano. Anche la prosa ebbe la sua piccola rivoluzione. Boccaccio cesse il posto a Machiavelli. Si voleva una maniera di scrivere piú corrente e naturale, meno lontana dal linguaggio parlato, e con un certo brio per entro, che le togliesse quell’aria di pedantesca gravitá. L’Algarotti, il Bettinelli, il Baretti accennavano a questa maniera che si andava sempre piú avvicinando alla prosa francese, maestro il Cesarotti. Beccaria e Galiani erano ammiratissimi non solo per le loro idee, ma per la forma del loro scrivere, che parea un perfetto esempio della nuova pi osa. Anche quelli che erano piú schivi d’imitazione straniera, come Alfieri, lasciate le forme rotonde e rigirate del cinquecento, si accostarono al fare piú spigliato e semplice de’ trecentisti. E tra la licenza degli uni e il rigorismo degli altri, tra l’abate Cesarotti e l’abate Cesari si andava formando una prosa meno intricata ne’ suoi giri e piú conforme all’andamento logico e al discorso naturale. Né il moto si arrestò alle forme letterarie. Si dicea che la letteratura