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94 saggio critico sul petrarca


moti del cuore, le discordie della coscienza, e come farfalla gira intorno alla luce dell’immagine. Questa è la sua tendenza; qui è la sua sinceritá e il suo genio. Il dolore è bello, la lacrima è bella, anche la morte è bella, anche la morte l’innamora, non la morte di un chicchessia: la morte di Laura. Giá in Dante appariscono i primi segni della bellezza della morte concepita cristianamente. Beatrice muore:

                                    Ed avea seco un’umiltá verace,
Che parea che dicesse: Io sono in pace.
     

Il poeta non s’indugia sulla faccia della morta, ma ne coglie a volo l’espressione. E questo è accompagnato con vera e viva commozione. L’amante, poiché l’amata è morta, ha giá il colore della morte, e la morte si figura come cosa gentile e pietosa, e la chiama a grandi grida:

                                    Tu dei ornai esser cosa gentile,
Poiché tu sei nella mia donna stata,
E dèi aver pietate e non disdegno.
Vedi che si desideroso vegno
D’esser dei tuoi, ch’io ti somiglio in fede:
Vieni, ché ’l cor ti chiede...
     
Quello che in Dante è sentimento, in Petrarca divien plastico. I tratti della morte son trasfigurati. Gli occhi son chiusi, ma in atto di chi dorme placidamente; «e par che dorma!»; sono chiusi da un dolce dormire. L’abbandono del cadavere è qui piuttosto l’attitudine languida d’una bella persona stanca in riposo; il pallore risplende su quella faccia, con un candore simile a’ larghi fiocchi di neve senza vento su di una bella collina:
                                         Pallida no, ma piú che neve bianca,
Che senza vento in un bel colle fiocchi,
Parea posar come persona stanca.
     Quasi un dolce dormir ne’ suoi begli occhi,
Sendo lo spirto giá da lei diviso,
Era quel che morir chiaman gli sciocchi.
     Morte bella parea nel suo bel viso.