Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggio critico sul Petrarca, 1954 – BEIC 1805656.djvu/110

Da Wikisource.
i04 saggio critico sul petrarca


ingegnose, talora assurde, sempre parziali, come le sue impressioni; e, per dirlo alla maniera tedesca, sono l’intelletto che separa, non la ragione che unifica. Di che deriva in lui l’abito poco poetico di mettersi l’impressione o il fenomeno amoroso dirimpetto, e con curiositá filosofica domandarsene la spiegazione. Leggete il sonetto XXXIII:

                                         Se mai foco per foco non si spense,
Né fiume fu giammai secco per pioggia;
Ma sempre l’un per l’altro simil poggia,
E spesso l’un contrario l’altro accense;
     Amor, tu ch’i pensier nostri dispense.
Al qual un’alma in duo corpi s’appoggia,
Perché fa’ in lei con disusata foggia
Men, per molto voler, le voglie intense?
     Forse, siccome ’l Nil, d’alto caggendo,
Col gran suono i vicin d’intorno assorda;
E ’l Sol abbaglia chi ben fiso il guarda;
     Cosi ’l desio, che seco non s’accorda,
Nello sfrenato obbietto vien perdendo,
E, per troppo spronar, la fuga è tarda?
     

Cerca di spiegare perché, desiderando tanto di parlare a Laura, ammutolisce innanzi a lei; e dá in sottigliezze. Perciò in luogo di rappresentare il suo stato, lo isola dalle condizioni particolari che lo fanno essere il suo stato, e lo considera in sé, astrattamente e filosoficamente. Eccovi il sonetto XI:

                                         Io mi rivolgo indietro a ciascun passo
Col corpo stanco, ch’a gran pena porto;
E prendo allor del vostr’aere conforto,
Che ’l fa gir oltra, dicendo: Oimè lasso.
     Poi ripensando al dolce ben ch’io lasso,
Al cammin lungo ed al mio viver corto,
Fermo le piante sbigottito e smorto.
E gli occhi in terra lagrimando abbasso.
     Talor m’assale in mezzo a’ tristi pianti
Un dubbio, come posson queste membra
Dallo spirito lor viver lontane.