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vi. situazioni petrarchesche | i03 |
Lagrime triste, e voi tutte le notti M’accompagnate, ov’io vorrei star solo: Poi fuggite dinanzi alla mia pace. E voi si pronti a darmi angoscia e duolo, Sospiri, allor traete lenti e rotti. Sola la vista mia del cor non tace. |
Il Petrarca rassomiglia ad un povero diavolo, che, fattane una grossa, si ritira a casa, e si sfoga in veste da camera, e se la piglia con la testa: — E che testa di zucca che ho io! — . Va errando per la selva Ardenna, e col pensiero a Laura gli parea di veder non pur lei, ma con essa insieme le sue amiche. Niente di piú poetico che questo gioco d’immaginazione. Un lettore prosaico potrebbe riflettere: — Forse erano alberi, e li prendea per donne — ; e la situazione caduta nella realtá diviene ridicola per il contrasto subitaneo fra il parere e l’essere: — Parevano donne, ed erano alberi — . Ma il bello è che il Petrarca racconta la sua avventura in modo da metter proprio in rilievo questo contrasto, ed eccitare senza volerlo un riso irresistibile (son. CXXIV):
Io l’ho negli occhi; e veder seco parme Donne e donzelle, e sono abeti e faggi. |
«O pensier miei non saggi!», dice il poeta, disposto a rider di se stesso.
Ma il comico è ben lontano dall’intenzione del Petrarca, il quale anzi tende al serio, e fino al tragico: ci capita per sorpresa. Il piú delle volte è un po’ nel caso di Amleto. Riflette troppo: tutto il movimento è nel suo cervello; al di fuori le cose rimangono nello stesso modo. Senza un punto fermo intorno a cui moversi, in opposizione con sé stesso, palleggiato dalle impressioni, la riflessione viene, après coup, a scusa e spiegazione: onde nasce una specie di sofistica dell’amore. Hai riflessioni staccate, quei cento considerandi che non mancano mai a chi sottilizza su d’un oggetto isolato dal resto e visto da un punto solo. Cosi queste riflessioni sono contraddittorie,