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vi. situazioni petrarchesche | i07 |
Vuol rappresentare appunto l’interno si e no, il desio che lo porta verso Laura e la riflessione che lo alza verso Dio. Questo fenomeno è subito fatto generale: cos’è? è la lotta antica,
Con quanto tuo disnore il tempo passa? Prendi partito accortamente, prendi; E del cor tuo divelli ogni radice Del piacer che felice No] può mai fare, e respirar no] lassa. Se, giá è gran tempo, fastidita e lassa Se’ di quel falso dolce fuggitivo Che ’l mondo traditor può dare altrui, A che ripon piú ia speranza in lui. Che d’ogni pace e di fermezza è privo? Mentre che ’l corpo è vivo, Hai tu ’l fren in balia de’ pensier tuoi. Deh stringilo or che puoi; Chè dubbioso è il tardar, come tu sai; E ’l cominciar non fia per tempo ornai. Giá sai tu ben quanta dolcezza porse Agli occhi tuoi la vista di colei La qual anco vorrei Ch’a nascer fosse per piú nostra pace. Ben ti ricordi (e ricordar ten dèi) Dell’immagine sua, quand’ella corse Al cor, lá dove forse Non potea fiamma intrar per altrui face. Ella l’accese: e se l’ardor fallace Durò molt’anni in aspettando un giorno, Che per nostra salute unqua non vene, Or ti solleva a piú beata spene. Mirando ’l ciel, che ti si volve intorno Immortai ed adorno: Che dove, del mal suo quaggiú si lieta. Vostra vaghezza acqueta Un mover d’occhio, un ragionar, un canto; Quanto fia quel piacer, se questo è tanto? Dall’altra parte un pensier dolce ed agro. Con faticosa e dilettevol salma Sedendosi entro l’alma. Preme ’l cor di desio, di speme il pasce; Che sol per fama gloriosa ed alma Non sente quand’io agghiaccio o quand’io flagro; S’i’ son pallido o magro; E s’io l’occido, piú forte rinasce. Questo d’allor ch’i’ m’addormiva in fasce, Venuto è di di in di crescendo meco; |