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vi. situazioni petrarchesche ii3


Lo sa e non può, ed il patetico della canzone è nella straziante coscienza del suo stato:
                                    Aver la morte innanzi gli occhi parme;
E vorrei far difesa, e non ho l’arme.
     
Il che gli trae qualcuno di quei gridi eloquenti, che vengono dal cuore. Udite il principio:
                                         I’ vo pensando e nel pensier m’assale
Una pietá si forte di me stesso,
Che mi conduce spesso
Ad altro lagrimar ch’i’ non soleva.
     
E un principio che giá ti commuove, perché ti fa supporre tutta la storia delle sue contraddizioni, giá presenti all’anima confusamente prima di prender la penna. Pensava che, sentendosi ogni giorno piú presso alla sua perdizione, avea tante volte chiesto a Dio quell’ale:
                                    Con le quai del mortale
Career nostr’intelletto al ciel si leva.
     
E sempre invano:
                                    Ma infin a qui niente mi rileva
Prego o sospiro o lagrimar ch’io faccia.
     
La miseria del suo stato l’intenerisce, piange sopra sé stesso, come non avea mai pianto in vita sua; poi succede un altro sentimento: quel terribile «ben ti sta», he l’uomo si gitta in viso:
                                    Che chi possendo star, cadde tra via,
Degno è che mal suo grado a terra giaccia.
     

F. de Sanctis, Saggio sul Petrarca.

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