che illumini a grandi distanze: vedete la sua luce, e non vedete lei. La poesia in questo caso non è un tessuto di riflessioni, ma è la rappresentazione d’un fenomeno, d’un certo stato dell’anima, di cui però il poeta sa la ragione e ve la lascia intravedere. Prendiamo la canzone:
Se ’l pensier che mi strugge, Com’è pungente e saldo. Cosi vestisse d’un color conforme. Forse tal m’arde e fugge, Ch’avria parte del caldo, E desteriasi Amor lá dov’or dorme: Men solitarie Torme Foran de’ miei piè lassi Per campagne e per colli; Men gli occhi ad ogni or molli; Ardendo lei che come un ghiaccio stassi, E non lassa in me dramma Che non sia foco e fiamma. Però ch’Amor mi sforza E di saver mi spoglia. Parlo in rim’aspre e di dolcezza ignude: Ma non sempre alla scorza Ramo, né ’n fior, né ’n foglia, Mostra di fuor sua naturai virtude. Miri ciò che ’l cor chiude, Amor e que’ begli occhi Ove si siede all’ombra. Se ’l dolor che si sgombra, Avven che ’n pianto o ’n lamentar trabocchi, L’un a me noce, e l’altro Altrui, ch’io non lo scaltro. Dolci rime leggiadre Che nel primiero assalto D’Amor usai, quand’io non ebbi altr’arme; Chi verrá mai che squadre Questo mio cor di smalto, Ch’almen, com’io solea, possa sfogatine? Ch’aver dentr’a lui parme Un che Madonna sempre Dipinge, e di lei parla: A voler poi ritrarla. Per me non basto; e par ch’io me ne stempre: Lasso, cosí m’è scorso Lo mio dolce soccorso.