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ii6 saggio critico sul petrarca


che illumini a grandi distanze: vedete la sua luce, e non vedete lei. La poesia in questo caso non è un tessuto di riflessioni, ma è la rappresentazione d’un fenomeno, d’un certo stato dell’anima, di cui però il poeta sa la ragione e ve la lascia intravedere. Prendiamo la canzone:

                                         Se ’l pensier che mi strugge.1      


  1.                                          Se ’l pensier che mi strugge,
    Com’è pungente e saldo.
    Cosi vestisse d’un color conforme.
    Forse tal m’arde e fugge,
    Ch’avria parte del caldo,
    E desteriasi Amor lá dov’or dorme:
    Men solitarie Torme
    Foran de’ miei piè lassi
    Per campagne e per colli;
    Men gli occhi ad ogni or molli;
    Ardendo lei che come un ghiaccio stassi,
    E non lassa in me dramma
    Che non sia foco e fiamma.
         Però ch’Amor mi sforza
    E di saver mi spoglia.
    Parlo in rim’aspre e di dolcezza ignude:
    Ma non sempre alla scorza
    Ramo, né ’n fior, né ’n foglia,
    Mostra di fuor sua naturai virtude.
    Miri ciò che ’l cor chiude,
    Amor e que’ begli occhi
    Ove si siede all’ombra.
    Se ’l dolor che si sgombra,
    Avven che ’n pianto o ’n lamentar trabocchi,
    L’un a me noce, e l’altro
    Altrui, ch’io non lo scaltro.
         Dolci rime leggiadre
    Che nel primiero assalto
    D’Amor usai, quand’io non ebbi altr’arme;
    Chi verrá mai che squadre
    Questo mio cor di smalto,
    Ch’almen, com’io solea, possa sfogatine?
    Ch’aver dentr’a lui parme
    Un che Madonna sempre
    Dipinge, e di lei parla:
    A voler poi ritrarla.
    Per me non basto; e par ch’io me ne stempre:
    Lasso, cosí m’è scorso
    Lo mio dolce soccorso.