Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggio critico sul Petrarca, 1954 – BEIC 1805656.djvu/123

Da Wikisource.

vi. situazioni petrarchesche ii7


Il concetto è: perché non posso dire tutto quello che sento? Questa disuguaglianza tra il di dentro e il di fuori, tra le idee e l’espressione, ha colpito spesso grinnamorati di stupore e di



                                             Come fanciul ch’appena
    Volge la lingua e snoda;
    Che dir non sa, ma ’l piú tacer gli è noia;
    Cosi ’l desir mi mena
    A dire; e vo’ che m’oda
    La mia dolce nemica anzi ch’io moia.
    Se forse ogni sua gioia
    Nel suo bel viso è solo,
    E di tutt’altro è schiva;
    Odil tu, verde riva.
    E presta a’ miei sospir si largo volo,
    Che sempre si ridica
    Come tu m’eri amica.
         Ben sai che si bel piede
    Non toccò terra unquanco.
    Come quel, di che giá segnata fosti:

    Onde ’l cor lasso riede
    Col tormentoso fianco
    A partir teco i lor pensier nascosti.
    Cosi avestu riposti
    De’ bei vestigi sparsi
    Ancor tra i fiori e l’erba;
    Che la mia vita acerba
    Lagrimando trovasse ove acquetarsi.
    Ma come può s’appaga
    L’alma dubbiosa e vaga.
         Ovunque gli occhi volgo,
    Trovo un dolce sereno.
    Pensando: qui percosse il vago lume.
    Qualunque erba o fior colgo.
    Credo che nel terreno
    Aggia radice, ov’ella ebbe in costume
    Gir fra le piagge e ’l fiume,
    E talor farsi un seggio
    Fresco, fiorito e verde.
    Cosi nulla sen perde:
    E piú certezza averne, fora il peggio.
    Spirto beato, quale
    Se’ quando altrui fai tale?
         O poverella mia, come se’ rozza!
    Credo che tei conoscili:
    Rimanti in questi boschi.||