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ii8 | saggio critico sul petrarca |
dolore. Ma questo non è un fenomeno misterioso per il Petrarca, il quale ne ha giá a mano la spiegazione.
Però ch’Amor mi sforza E di saver mi spoglia, Parlo in rim’aspre e di dolcezza ignude. |
E l’amore che mi turba, e mi toglie il potere ed il sapere. Ora la poesia non è giá lo sviluppo di questo concetto, ma la rappresentazione dello stato dell’amante. Il concetto non è un vero che il poeta cerca e trova, ma un cercato e un trovato, un presupposto. Il che fa che la poesia conserva la sua libertá dirimpetto al pensiero, conserva un contenuto ed uno scopo proprio: pure, quel sapere il perché non è senza influsso sulla trattazione. Ci è un contenuto poetico, ma non c’è la maraviglia, l’ingenuitá, il patetico, il subito ed il vivo d’uno stato misterioso: c’è un andamento scientifico nella forma, e nel sentimento la calma della riflessione. Con la felice transizione della stanza quarta il poeta s’apre la via alla rappresentazione d’un altro fenomeno. Passeggiando per una verde riva, cerca e non trova i vestigi di Laura, stata altre volte colá. Di che prima s’affligge; ma, pensandoci su, non solo se ne consola, ma ne gode; anzi sarebbe afflitto del contrario, di sapere cioè con precisione che sia passata per questo o quel luogo:
E piú certezza averne, fora il peggio. |
Ovunque gli occhi volgo, Trovo un dolce sereno, Pensando: qui percosse il vago lume. Qualunque erba o fior colgo. |