Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggio critico sul Petrarca, 1954 – BEIC 1805656.djvu/158

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i52 saggio critico sul petrarca


gran poeta, che lá dove si sente malato. Le idee platoniche fuggono innanzi alle sue lacrime; le reminiscenze letterarie appena è se qualche volta compariscano timidamente nella frase; le antitesi, i giuochi di pensiero o di parola, le acutezze, le inversioni artificiose, i ragionamenti, le allegorie, le metafore, tutto sparisce; vi sentite innanzi ad una emozione sincera e profonda, innanzi ad un cuore che sanguina. Tal è l’impressione che vi fa provare il seguente sonetto:

                                         O cameretta, che giá fosti un porto
Alle gravi tempeste mie diurne.
Fonte se’ or di lagrime notturne,
Che ’l di celate per vergogna porto.
     O letticciuol, che requie eri e conforto
In tanti affanni, di che dogliose urne
Ti bagna Amor con quelle mani eburne
Solo ver me crudeli a si gran torto!
     Né pur il mio secreto e ’l mio riposo,
Fuggo, ma più me stesso e ’l mio penserò.
Che seguendol talor, levomi a volo.
     Il vulgo, a me nemico ed odioso,
Chi ’l crederia? per mio refugio chero;
Tal paura ho di ritrovarmi solo.
     
Lasciamo stare quelle «dogliose urne», avanzo di abitudine letteraria. Ma voi sentite in questo sonetto qualche cosa che vi stempera. Le lacrime si preparano nella prima quartina; scorrono involontarie nella seconda, che è come una ripigliata dello stesso motivo. Tanto desiderio della solitudine, ed ora tanto abbonimento, tanta paura di quella! In pochi versi ci è tutta una storia. È malato e non lo sa, e stupisce de’ fenomeni fatali del suo stato, e li descrive con un misto d’angoscia e di meraviglia: «Chi ’l crederia?» È stupendo d’ingenuitá, ed altamente poetico, questo: «Chi ’l crederia?».

In un altro sonetto la sua vita solitaria è descritta in modo che vi fa presentire questa tragica fine. Il poeta non si lagna: non fa che narrare; ma al tono grave e solenne, sentite che è consumato da una insanabile melanconia. Ha l’aria di chi vi