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i56 saggio critico sul petrarca

nati momenti di gioja e di dolore. La gioja è lo sforzo d’una immaginazione attiva, che si sottrae in qualche raro istante d’obblio alla pressione del reale; e il risvegliarsi torna tanto piú angoscioso. E poiché quest’obblio non è tanto durabile, che al poeta riesca di fissar la sua ombra, né quel dolore è tanto possente, che prostri ogni valore dell’immaginativa, ne nasce uno stato misto o complesso, indeciso tra il dolce e l’amaro, che dicesi malinconia, un avvicendarsi di sentimenti contradittorii che appariscono e spariscono ne’ contrarii, senza che alcuno abbia la forza di vincere del tutto e dominare. I sogni piú lusinghieri producono una gioja, ma una gioja trista, perché accompagnata da una confusa coscienza, che il piacere è l’immaginario, e che il vero, il positivo è il dolore. Ma non c’è dolore sf aspro, che il poeta non abbia la forza di trasportarlo nella sua immaginazione e ammansirlo. È questo il solo caso che il genio del poeta si rivela puro d’ogni pretensione letteraria, e in quella giusta misura che testimonia un sentimento vero: qui è la sua musa. Sovente nelle cose piú serie scherza, se si dee chiamare scherzo quell’esagerare e quel rifiorire sentimenti fattizii, che è il suo difetto: solo qui non ischerza mai: non si scherza col proprio cuore. Certo, non ci è niente di piú difficile che naturalmente esprimere questi rapidi ritorni dell’immaginario nel reale e del reale nell’immaginario: difficoltá grande ne’ passaggi, somma nella misura, tale, che quell’obblio e quel risvegliarsi non sia tratto oltre a’ confini del vero. Il poeta ci riesce sempre, perché è ciò a cui meno pensa; è ciò che gli esce dal vivo e dal vero della situazione.

La canzone, che meglio esprime questo stato di fantasia turbato, ma non soverchiato dalla presenza del reale, è la decimaterza1. Il poeta si trova in Italia, e, come lo tira la sua



  1.                                          Di pensier in pensier, di monte in monte
    Mi guida Amor; ch’ogni segnato calle
    Provo contrario alla tranquilla vita.
    Se ’n solitaria piaggia, rivo o fonte,
    Se ’n fra duo poggi siede ombrosa valle,
    Ivi s’acqueta l’alma sbigottita;
    E, com’Amor la ’nvita.