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ix. morte di laura | i8i |
T’abbozza quella vita immaginaria con tutta la veritá di chi ne ha giá le inclinazioni, con particolari e forme di dire originali e freschissime, piene d’ingenuitá e di grazia. È un sonetto tirato giú d’un tratto, d’una limpidezza omerica, ove le idee, i sentimenti, le parole, il tòno sono in un accordo perfetto:
Tutta la mia fiorita e verde etade Passava; e ’ntiepidir sentia giá ’l foco Ch’arse ’l mio cor; ed era giunto al loco Ove scende la vita, ch’alfin cade. Giá incominciava a prender securtade La mia cara nemica a poco a poco De’ suoi sospetti; e rivolgeva in gioco Mie pene acerbe sua dolce onestade. Presso era ’l tempo dov’Amor si scontra Con Castitate, ed agli amanti è dato Sedersi insieme e dir che lor incontra. Morte ebbe invidia al mio felice stato, Anzi alla speme; e feglisi all’incontra A mezza via, come nemico armato. |
Con queste riflessioni inutili s’accompagnano rimembranze inutili, di tanto piú acerbe. Non può svellersi dal cuore il passato; quel lugubre: — L’ho perduta! — ritorna sempre, come un avoltojo affamato. Fra queste rimembranze ce n’è una, che piú l’assedia, materia di parecchi sonetti1: l’ultima volta che vide Laura. Ed è la rimembranza che sopra le altre fa una impressione piú profonda e piú generale: quanto pochi sono, che non ne abbiano provata la puntura! L’ultima visita è una visita come tutte le altre, finché non diciamo a noi stessi: — Quella visita fu l’ultima! — . Allora ci scopriamo tanti particolari, ci vediamo tante cose, a cui prima non avevamo badato; leggiamo l’evento ferale nelle circostanze piú insignificanti.
- ↑ Alcuni di questi sonetti si leggono alla fine del Canzoniere in vita di Laura; ma sembra che siano stati composti dopo la morte e poi messi lá. come presentimenti. Tali sono i sonetti CXCI e CXCII, citati giú.