Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggio critico sul Petrarca, 1954 – BEIC 1805656.djvu/201

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x. trasfigurazione di laura i95


il passato, da cui vorrebbe sciogliersi, è la vita, la realtá. Cerca il cielo e non fa che parlare del passato; lo maledice, e ne parla; lo ingiuria, e lo dipinge; è morto, e mai non se lo ha sentito cosí implacabile intorno: perché lo ama, perché gli piace d’esser tormentato, e mentre la bocca dice: — Vattene!— , il cuore soggiunge:— Torna!— .Sentite l’amore nella stessa sua collera, collera di amante:

                                         Che fai? che pensi? che pur dietro guardi,
Nel tempo che tornar non potè ornai,
Anima sconsolata? che pur vai
Giugnendo legne al foco cve tu ardi?
     Le soavi parole e i dolci sguardi,
Ch’ad un ad un descritti e dipint’hai,
Son levati da terra; ed è (ben sai)
Qui ricercargli intempestivo e tardi.
     Deh non rinnovellar quel che n’ancide;
Non seguir piú pensier vago fallace.
Ma saldo e certo, ch’a buon fin ne guide.
     Cerchiamo ’l ciel, se qui nulla ne piace;
Che mal per noi quella beltá si vide,
Se viva e morta ne devea tor pace.
     
Questi ultimi versi danno luce ad un verso piú celebre che inteso:
                                    Quella ch’io cerco e non ritrovo in terra.      
Finora ha cercato Laura in terra: — Che fai, misero! invano guardi nel tempo che tornar non puote ornai; quella Laura è morta, non può piú tornare, non la troverai piú: volgiti al cielo. — Se non che per una di quelle esagerazioni che sono proprie della passione, qui il cielo si offre in violenta reazione contro il passato, ed è non solo l’obblio, ma la maledizione di quella beltá che gli toghe la pace, un voler sradicarsela dal cuore, lei e tutto ciò che è terreno, con pensare a Dio e finire come un romito. Questa situazione è anche essa poetica, quando il cuore sia ancor vivo, quando sia una passione religiosa che