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202 saggio critico sul petrarca


no, è indifferente. E perché qui il poeta non si ha messo la natura innanzi come un modello immobile da dipingere, perché ne ha sentito immediatamente l’impressione, ha potuto con solo qualche epiteto e col solo ajuto della melodia fissarla in quattro versi immortali, dove presentite giá la grazia di Poliziano e la malinconia del Tasso. Il medesimo è di Laura. Dicono che sia poco reale. Divenuti grossolani, vogliamo palpare per sentire l’esistenza. I capelli biondi, l’incesso divino, tutt’i varii particolari rappresentati con si belle frasi, con concetti tanto ingegnosi, sono scomparsi. Eppure ora la conoscete meglio. Prima era una donna rappresentata come dea, chiusa nella sua serenitá, inaccessibile al cuore, tacita alle nostre dimande; ora che è Dea, ora è divenuta una donna. Gli è che il poeta prima la guarda piú come poeta che come uomo, e talora ne fa un tipo di convenzione, e, mentre descrive il corpo, obblia l’anima. Ora quelle forme sono evaporate; cosa è rimasto di Laura?

                                                             ancor viva
Di si lontano a’ sospir miei risponde.
     
Ecco tutto. Quante poesie sugli occhi! quanti concetti sulle gote! Ora si contenta di dire:
                                    Umida gli occhi e l’una e l’altra gota.      

E quella mano descritta giá con tanta galanteria, la mano e le dita tutte e cinque, cosa è divenuta? Ora dice: — M’asciuga gli occhi con la mano — . Eppure questa Laura cosí nuda, ogni volta che comparisce, ti tocca il core, ti lascia un’impressione, perché ha un’anima, perché non è solo una santa, ma una donna. L’equivoco è finito: Laura vive della stessa vita del poeta, entra a parte di tutte le sue emozioni, lo consola, gli asciuga gli occhi, lo ammonisce, gli apre il core, diviene la sua confidente, gli parla e lo ascolta, in somma, acquista una storia. E non è giá una storia artificiale: il poeta non s’è detto: