Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggio critico sul Petrarca, 1954 – BEIC 1805656.djvu/209

Da Wikisource.

x. trasfigurazione di laura 203


— Farò di Laura un tipo celeste, farò un paradiso poetico — . Non c’è qui né l’astrazione teologica e scolastica di Dante, né l’insipidezza arcadica del paradiso descritto da’ moderni. È una storia nata dalle impressioni, da’ sentimenti, dai bisogni morali d’un’anima sconsolata, disingannata, affettuosa, tenera, che si volge al cielo e non si può staccar dalla terra. Quest’uomo sogna un’altra vita, e ci mescola molto di questa vita. Nel suo volo verso l’avvenire senti la presenza del passato, il suo sorriso è accompagnato da lagrime, nel suo amor puro verso la santa entra la rimembranza d’un altro amore, e fino un certo avanzo di voluttá, come di chi serba ancor vivo il desiderio di godimenti indelibati. Con che ebbrezza egli sogna Laura alla sponda del suo letto! come si fa guardare da lei amorosamente! e si fa prender per mano!

                                         Con quella man che tanto desiai,
M’asciuga gli occhi.
     
«Che tanto desiai!» Sentite qui la trepida voluttá della carne. Onde nasce un paradiso profondamente umano, appassionato e commovente. Laura poco la vedete; ina parla, opera, gestisce, sente e pensa. Ogni volta che apparisce, si rivela una faccia della sua anima. Come santa, il suo linguaggio è nobile e semplice. Niente di quel vaporoso, che annunzia il desiderio impotente di figurare l’infigurabile. Nella mente del Petrarca non entra che solo ciò che è chiaro, dote principalissima dello spinto italiano. Laura dice:
                                    Mio ben non cape in intelletto umano...
Spirito ignudo sono, e ’n ciel mi godo:
Quel che tu cerchi, è terra giá molt’anni...
     
Questa gioja celeste è congiunta con qualitá tutte umane, che tanto ci commuovono, massime nella donna. La sua gioja non è compiuta, perché l’amante piange. Il tenero poeta si fa con-