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220 saggio critico sul petrarca


accompagamento di due personaggi, Petrarca e Laura. Qui riconosciamo il nostro poeta. La parte giovanile della sua istoria è avvolta in allegorie. L’anima disavvezza non può rifare quei tempi, non li ricorda neppure come un sogno confuso. Ma quando Laura muore, sorgono sentimenti piú conformi al suo stato, ed una dolce e malinconica emozione vi certifica un avanzo di vita poetica. Le ultime terzine sulla morte di Laura, e la sua apparizione ed il lungo colloquio con l’amante, hanno ispirato il Tasso, il Manzoni, il Leopardi. Se qui c’è cosa che riveli stanchezza e vecchiezza, è la prolissitá, tanto piú notabile, quanto piú contraria alla natura dello stile petrarchesco, d’una elegante concisione. Ben c’è l’usata concisione nell’espressione di ciascuna idea; ma le idee inutili o ripetute abbondano. Quanti particolari senza succo anzi che Laura muoja! da far quasi dire al lettore: — Falla morire piú presto! — . Nel colloquio, un sol pensiero:

                                    Teco era ’l cor; a me gli occhi raccolsi,      
è stemperato in una ventina di frasi, che sottosopra dicono tutte lo stesso. Nondimeno rincontro degli amanti, le poche parole di Laura sulla natura della morte, l’amabile verecondia sparsa come un velo sul suo amore, l’incredulitá dell’amante, ed il dolce rimprovero dell’amata, l’ultimo addio e le ultime parole, e qua e lá teneri movimenti d’affetto e felicissimi versi, fanno di questo sogno, tanto imitato, una delle gemme della nostra poesia1.


  1.                                          La notte che segui l’orribil caso
    Che spense ’l Sol, anzi ’l ripose in cielo,
    Ond’io son qui com’uom cieco rirnaso,
         Spargea per l’aere il dolce estivo gelo.
    Che con la bianca amica di Titone
    Suol de’ sogni confusi torre il velo;
         Quando donna sembiante alla stagione,
    Di gemme orientali incoronata,
    Mosse ver me da mille altre corone;
         E quella man giá tanto desiata
    A me, parlando e sospirando, porse;
    Ond’eterna dolcezza al cor m’è nata.