Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggio critico sul Petrarca, 1954 – BEIC 1805656.djvu/227

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xi. dissoluzione di laura 22i


Quand’io considero bene i Trionfi, parmi che il principio sia lavorato con gran diligenza, e che la fine talora abbia aria di abbozzo; pure, la fine piace piú, ci si sente l’impressione imme-



                                             Riconosci colei che prima torse
    I passi tuoi dal pubblico viaggio,
    Come ’l cor giovenil di lei s’accorse?
         Cosi, pensosa, in atto umile e saggio
    S’assise e seder femmi in una riva
    La qual ombrava un bel lauro ed un faggio.
         Come non conosch’io l’alma mia Diva?
    Risposi in guisa d’uom che parla e plora:
    Dimmi pur, prego, se sei morta o viva.
         Viva son io, e tu sei morto ancora,
    L’iss’ella, e sarai sempre, fin che giunga
    Per levarti di terra l’ultim’ora.
         Ma ’l tempo è breve, e nostra voglia è lunga:
    Però t’avvisa, e ’1 tuo dir stringi e frena,
    Anzi che ’1 giorno, giá vicin, n’aggiunga.
         Ed io: al fin di quest’altra serena
    C’ha nome vita, che per prova ’l sai.
    Deh dimmi se ’l morir è si gran pena.
         Rispose: mentre al vulgo dietro vai,
    Ed alt opinion sua cieca e dura,
    Esser felice non può’ tu giammai.
         Ma morte è fin d’una prigione oscura
    Agli animi gentili; agli altri è noia,
    C’hanno posto nel fango ogni lor cura.
         Ed ora il morir mio che si t’annoia.
    Ti farebbe allegrar, se tu sentissi
    La millesima parte di mia gioia.
         Cosi parlava; e gli occhi ave’ al ciel fissi
    Divotamente: poi mise in silenzio
    Quelle labbra rosate, insin ch’io dissi:
         Silla, Mario, Neron, Gaio e Mesenzio,
    Fianchi, stomachi, febbri ardenti fanno
    Parer la morte amara piú ch’assenzio.
         Negar, disse, non posso che l’affanno
    Che va innanzi al morir, non doglia forte.
    Ma piú la tema dell’eterno danno:
         Ma pur che l’alma in Dio si riconforte,
    E ’l cor, che ’n sé medesmo forse è lasso,
    Che altro ch’un sospir breve è la morte?
         I’ aveva giá vicin l’ultimo passo.
    La carne inferma, e l’anima ancor pronta;
    Quand’ndi’ dir in un suon tristo e basso:
         O misero colui ch’e’ giorni conta,
    E pargli l’un mill’anni, e ’ndamo vive,
    E seco in terra mai non si raffronta;