Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggio critico sul Petrarca, 1954 – BEIC 1805656.djvu/242

Da Wikisource.
236 saggio critico sul petrarca


trarchismo. Io era andato colá con le mie opinioni e con la mia presunzione, e rideva delle loro risa. Wagner mi pareva un corruttore della musica; e niente mi pareva piú inestetico che l’Estetica di Vischer. Tra conversazioni, epigrammi e diverbii, un giorno che mi si diceva molto male del povero Petrarca e degl’italiani nati sonettisti, mi venne in capo di fare una serie di conferenze sopra il Canzoniere, e mi confortò e mi stabili in questo pensiero un ottimo amico mio, Antonio Cherbuliez, riputato economista a quel tempo.

Vennero in gran numero studenti, professori, signore, molti con gli occhi sul testo. Attendevano ch’io spiegassi loro sonetti e canzoni, e talora domandavano qual era la pagina ch’io avrei illustrata. Questo spiega le copiose citazioni e le minute analisi. M’acconciai all’ambiente, com’era mio costume di professore, e mi studiai di fare intendere e gustare quelle poesie, che mi parevano piú degne. In ultime facevano cerchio intorno a me, e volevano chiariti i loro dubbii. Io ci misi molta pazienza, e provai una vera soddisfazione quando mi accorsi che giá facevano la cernita, e distinguevano il buono dal cattivo, il belletto dal bello. Procedettero cosí avanti in questa opera di selezione, che parecchi si maravigliavano come s’era potuto confondere petrarchismo e Petrarca, e nello stesso Petrarca il manchevole e l’eccellente. Era gente quella, che veniva non per applaudire, ma per imparare; e mi guari in parte di quella mia maniera italiana di predisporre nella mente alcuni pensieri o forme peregrine, atte ad assicurare l’applauso. Vedendo che piú mi riscaldavo io, e piú quelli si raffreddavano, mi lasciai ire alla mia natura, aliena da ogni artificio teatrale, e mi sentii piú io in quel dire e non declamare, in quella parsimonia di gesto e di frase.

Queste conferenze furono raccolte da uno de’ miei piú stimati amici, Vittorio Imbriani, e giacquero dimenticate per undici anni. Nel i869 mi tornarono a mente, venutomi innanzi il Petrarca del Mézières. In Zurigo avevo conseguito il mio scopo, ch’era di instaurare e rialzare l’immagine del Petrarca, alterata e abbassata nell’opinione. E c’ero riuscito, perché