Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggio critico sul Petrarca, 1954 – BEIC 1805656.djvu/33

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I


Francesco Petrarca ebbe grande intelligenza, squisita sensibilitá, ricca immaginazione, poca attitudine alla vita pratica.

Ebbe grande intelligenza, non tale però, che si possa chiamare una intelligenza superiore. Aveva tutte le facoltá elementari e assimilative, molta memoria, grande lucidezza e penetrazione di mente; gli mancavano le facoltá produttive. Non aveva né originalitá, né profonditá; cioè a dire, non aveva né la forza di trovar nuove idee e nuovi rapporti, e stamparvi su il proprio suggello, né la forza di squarciare la superficie, scartare gli accessorii e gli accidenti, cogliere il sostanziale. Aveva invece le qualitá scimie di quelle, che imitano gli stessi procedimenti meccanici, con tanto piú di ostentazione con quanto meno di forza. Non era originale, era singolare: dá al pensiero o alla frase un certo giro, una cert’aria di nobiltá e di ricercatezza da fare effetto. Non era profondo, era acuto; non rimane nella superficie, nel comune delle cose, spinge lo sguardo addentro, ma lá gli s’intorbida la vista, e dá in sottigliezze; vuol esser Tacito, e non è che Seneca. Scrisse opere filosofiche, e non fu filosofo; scrisse opere didattiche, e non fu pensatore. Una intelligenza superiore comanda a tutte le altre facoltá e le adopera ai suoi fini. Il Petrarca non ha una intelligenza signorile, suprema moderatrice dell’anima; ha una intelligenza nata ausiliaria di altre facoltá.