Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggio critico sul Petrarca, 1954 – BEIC 1805656.djvu/52

Da Wikisource.
46 saggio critico sul petrarca


Con questa opinione non è maraviglia che accumuli le figure, credute ornamenti e leggiadrie di stile poetico, si che con un ingombro di metafore spesso guasta i piú bei sonetti. Dipingecosí Laura piangente:

                                         La testa ôr fino, e calda neve il volto,
Ebeno i cigli, e gli occhi eran due stelle,
Ond’Amor l’arco non tendeva in fallo;
     Perle e rose vermiglie, ove l’accolto
Dolor formava ardenti voci e belle:
Fiamma i sospir, le lagrime cristallo.
     

In su questo sdrucciolo si giugne alla pioggia delle lacrime, al vento de’ sospiri, e da queste esagerazioni è lieve traboccare ne’ concetti. La metafora è una maniera di dire, che, come nella pittura il rilievo, mette in risalto gli oggetti per via di somiglianze e di rapporti. Prender la metafora nel senso letterale, e farne un’applicazione grossolana, come se il paragone e la cosa paragonata fossero il medesimo, ti dá il concetto. Si dice per dire che le trecce son d’oro, le guance di rose, i denti di perle, e gli occhi un sole, e il canto angelico. Il Petrarca prende tutto questo alla lettera; e, come se le trecce fossero non color d’oro, ma proprio composte di oro, dimanda onde Amore tolse quell’oro, e in quali spine colse quelle rose, ed onde le perle, e da quali angeli mosse quel canto, e di qual sole nacque la luce degli occhi:

                                         Onde tolse Amor l’oro e di qual vena,
Per far due trecce bionde? e ’n quali spine
Colse le rose, e ’n qual piaggia le brine
Tenere e fresche, e dié lor polso e Iena?
     Onde le perle in ch’ei frange ed affrena
Dolci parole oneste e pellegrine?
Onde tante bellezze e sí divine
Di quella fronte piú che T ciel serena?
     Da quali angeli mosse e di qual spera
Quel celeste cantar che mi disface
Si che m’avanza ornai da disfar poco?