Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggio critico sul Petrarca, 1954 – BEIC 1805656.djvu/67

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iii. il mondo di petrarca 6i


                                         E perché piangi tu si coralmente,
Che fai di te pietá venire altrui?
Vedestú pianger lei, ché tu non pui
Punto celar la dolorosa mente?
     Lascia piangere a noi, e triste andare,
(E’ fa peccato chi mai ne conforta),
Ché nel suo pianto l’udimmo parlare.
     Ella ha nel viso la pietá si scorta,
Che qual l’avesse voluta mirare,
Saria dinnanzi a lei caduta morta.

     Deh peregrini, che pensosi andate
Forse di cosa che non v’è presente,
Venite voi di si lontana gente,
Come alla vista voi ne dimostrate?
     Ché non piangete, quando voi passate
Per lo suo mezzo la cittá dolente,
Come quelle persone che neente
Par che ’ntendesser la sua gravitate.
     Se voi restate per volere udire,
Certo lo core de’ sospir mi dice
Che lagrimando n’uscirete pui.
     Ella ha perduta la sua Beatrice;
E le parole, ch’uom di lei può dire.
Hanno virtú di far piangere altrui.
     

Questi tre sonetti contengono ciascuno una vera situazione drammatica, còlta e rappresentata in uno de’ momenti piú lirici; e, quantunque la forma non si possa dir perfetta, sono tra’ migliori per la felicitá dell’invenzione e la veritá de’ sentimenti. Ci è niente di piú volgare che dire: — Beatrice è morta — ? Ma preparata com’è nell’ultimo sonetto, questa notizia fa un effetto maraviglioso. Il poeta incontra peregrini che camminano indifferenti, e se ne maraviglia. Essi non piangono! Gli pare che tutti dovessero conoscere la sua sventura, anzi la sventura della cittá, e, conoscendola, gli pare impossibile che non si pianga. Questa situazione cosí naturale e insieme cosí nova risponde a ciò che di piú secreto si move