Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggio critico sul Petrarca, 1954 – BEIC 1805656.djvu/89

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iv. laura e petrarca 83


lo invoglia a gloria e a virtú, ma la fonte de’ suoi mali, il principio della sua perdizione. E pure non può dimenticarla, trascinato contro sua volontá dalla consuetudine, dal primo passo (son. LXV):

                                                        ne’ primi empi martiri
Pur son contra mia voglia risospinto.
     Allor errai quando l’antica strada
Di libertá mi fu precisa e tolta:
Che mal si segue ciò ch’agli occhi aggrada.
     Allor corse al suo mal libera e sciolta;
Ora a posta d’altrui convien che vada
L’anima, che peccò sol una volta.
     

L’un pensiero giostra con l’altro: la ragione gli dice: «sta su, misero: che fai?» (son. XLIV):

                                    E la via di salir al Ciel mi mostra.
     Ma con questo pensier un altro giostra,
E dice a me: perché fuggendo vai?
Se ti rimembra, il tempo passa ornai
Di tornar a veder la Donna nostra.
     

Una volta era Laura che gli mostrava la via del cielo:

                                    E al Ciel mi guida per destro sent’ero.      
Adesso Laura è il male, il peccato, di cui sente desiderio e rimorso. Prima si consolava della sua durezza, se la rappresentava sempre piú vivamente, si confortava con i chi sa! della speranza; e, sentendosi su le spalle la morte, lei sperava pietosa almeno sulla sua tomba. Ora deplora i giorni perduti, le notti vanamente spese, e domanda la guarigione al Padre del cielo:
                                         Padre del Ciel, dopo i perduti giorni,
Dopo le notti vanamente spese
Per quel fero desio ch’ai cor s’accese
Mirando gli atti per mio mal sf adorni,
     Piacciati ornai, col tuo lume, ch’io torni
Ad altra vita ed a piú belle imprese...