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8 | storia della letteratura italiana |
Finisce cosí:
Però ti prego, Dolcetto, che sai la pena mia, che me ne facci un sonetto e mandilo in Soria: ch’io non posso abentare notte né dia: in terra d’oltremare ita è la vita mia. |
La lezione è scorretta; pure questa è giá lingua italiana, e molto sviluppata ne’ suoi elementi musicali e ne’ suoi lineamenti essenziali.
L’amante che prega e chiede amore, l’innamorata che lamenta la lontananza dell’amato o che teme di essere abbandonata, le punture e le gioie dell’amore, sono i temi semplici de’ canti popolari, la prima effusione del cuore messo in agitazione dall’amore. E queste poesie, come le piú semplici e spontanee, sono anche le piú affettuose e le piú sincere. Sono le prime impressioni, sentimenti giovani e nuovi, poetici per se stessi, non ancora analizzati e raffinati.
Di tal natura è il Lamento dell’innamorato per la partenza in Soria della sua amata di Ruggerone da Palermo e il canto di Odo delle Colonne da Messina, dove l’innamorata con dolci lamenti effonde la sua pena e la sua gelosia. Eccone il principio:
Oi lassa innamorata, contar vo’ lo mia vita, e dire ogni fiata come l’amor m’invita, ch’io son, senza peccata, d’assai pene guernita per uno che amo e voglio e non aggio in mia baglia1, siccome aver io soglio; però pato travaglia. |
- ↑ «Baglia», balia.