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vii - la «commedia» | 215 |
una «P» scomparisce dalia fronte, finché van via tutte, e puro e rinnovellato giunge al paradiso terrestre. Passa da uno stato nell’altro in sonno, cioè a dire per virtú della grazia, senza sua coscienza. È Lucia, «nemica di ciascun crudele», che lo piglia dormente e sognante e lo conduce in purgatorio. Cosi la storia intima dell’anima, i suoi errori, le passioni, i traviamenti, i pentimenti, sono storia esterna e simbolica: il dramma è strozzato nella sua culla. La crisi del dramma, il punto in cui il nodo si scioglie, è il pentimento, l’anima che si riconosce, e caccia via da sé il peccato, e si pente e si vergogna e ne fa confessione. A questo punto il dramma si fa umano, e ciò che avrebbe potuto far Dante, si vede da quello che ha fatto qui; ma una storia intima, personale, drammatica dell’anima, com’è il Faust, non era possibile in tempi ancora epici, simbolici, mistici e scolastici.
Qui tutt’i personaggi del dramma si trovano a fronte. Di qua Dante, Virgilio, Stazio; di lá Beatrice con gli angeli; in mezzo è il rio che li divide, bipartito in due fiumi: Lete, l’obblio, ed Eunoè, la forza. Nell’uno l’anima si spoglia della scoria del passato; nell’altra attinge virtú di salire alle stelle:
L’alto fato di Dio sarebbe rotto, se Lete si passasse, e tal vivanda fosse gustata senza alcuno scotto di pentimento, che lagrime spanda. |
La scena dove questo mistero’ dell’anima si scioglie ha le sacre e venerabili apparenze di un mistero liturgico: una di quelle sacre rappresentazioni che si facevano durante le processioni.