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222 storia della letteratura italiana


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Il Purgatorio è il dolce rifugio della vecchiezza. Quando la vita si disabella a’ nostri sguardi, quando le volgiamo le spalle e ci chiudiamo nella santitá degli affetti domestici tra la famiglia e gli amici, nelle opere dell’arte e del pensiero, il Purgatorio ci s’illumina di viva luce e diviene il nostro libro, e ci scopriamo molte delicate bellezze, una gran parte di noi. Fu il libro di Lamennais, di Balbo, di Schlosser.

Viene il Paradiso. Altro concetto, altra vita, altre forme.

Il paradiso è il regno dello spirito, venuto a libertá, emancipato dalla carne o dal senso, perciò il soprasensibile o, come dice Dante, il trasumanare, il di lá dall’umano. È quel regno della filosofia che Dante volea realizzare in terra; il regno della pace, dove intelletto, amore e atto sono una cosa. Amore conduce lo spirito al supremo intelletto, e il supremo intelletto è insieme supremo atto. La triade è insieme unitá. Quando l’uomo è alzato dall’amore fino a Dio, hai la congiunzione dell’umano e del divino, il sommo bene, il paradiso.

Questo ascetismo o misticismo non è dottrina astratta: è una forma della vita umana. Ci è nel nostro spirito un di lá, ciò che dicesi il sentimento dell’infinito, la cui esistenza si rivela piú chiaramente alle nature elevate.

L’arte antica avea materializzato questo di lá, umanando il cielo; e la filosofia, partendo dalle piú diverse direzioni, era giunta a questa conclusione pratica: che l’ideale della saggezza, e perciò della felicitá, è posto nella eguaglianza dell’animo; ciò che dicevasi «apatia», affrancamento dalle passioni e dalla carne: pagana tranquillitá, che vedi nelle figure quiete e serene e semplici dell’arte greca.

Questa calma filosofica trovi nelle figure eroiche del limbo:

                                    Sembianza avevan né trista né lieta...
Parlavan rado, con voci soavi.