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46 storia della letteratura italiana


Bologna era anch’essa materia greggia, pretta vita scientifica, messa in versi.

Siamo alla seconda metá del Dugento. La Sicilia, malgrado la sua Nina, è giá nell’ombra. I due centri della vita italiana sono Bologna e Firenze, l’una centro del movimento scientifico, l’altra centro dell’arte. Nell’una prevaleva il latino, la lingua de’ dotti; nell’altra prevaleva il volgare, la lingua dell’arte.

L’impulso scientifico partito da Bologna, traendosi appresso anche la poesia, dava il bando alla superficiale galanteria de’ trovatori: il pubblico domandava cose e non parole. E si formò una coscienza scientifica ed una scuola poetica conforme a quella. Il tempo de’ poeti spontanei e popolari finisce per sempre.

Il nuovo poeta scrive con intenzione. Piú che poeta, egli è lume di scienza; si chiama Brunetto Latini, l’enciclopedico; Cino, il primo giureconsulto dell’etá; Cavalcanti, filosofo prestantissimo Dante, il primo dottore e disputatore de’ tempi suoi. Scrivono versi per bandire la veritá, spiegare popolarmente i fenomeni piú astrusi dello spirito e della natura. La poesia è per loro un ornamento, la bella veste della veritá o della filosofia, «uso amoroso di sapienza», come dice Dante nel Convito. Ci è dunque in loro una doppia intenzione. Ci è una intenzione scientifica; ma ci è pure una intenzione artistica di ornare e di abbellire. L’artista comparisce accanto allo scienziato. Questo doppio uomo è giá visibile in Guido Guinicelli.

E in Toscana, massime in Firenze, che si forma questa coscienza dell’arte. Il volgare, venuto giá a grande perfezione, era parlato e scritto con una proprietá e una grazia di cui non era esempio in nessuna parte d’Italia. Se i poeti superficiali dispiacevano a Bologna, i poeti incolti e rozzi non piacevano a Firenze. A lungo andare non vi poterono essere tollerati Guittone e Brunetto, e sorgeva la nuova scuola, la quale, se a Bologna significava «scienza», a Firenze significava «arte».

Questo primo svegliarsi di una coscienza artistica è giá notato in Cino. Egli scrive con manifesta intenzione di far rime polite e leggiadre, e cerca non solo la proprietá ma anche la venustá del dire. Aveva animo gentile e affettuoso e orecchio musicale.