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252 storia della letteratura italiana


argomenti fisici che io produceva in sostegno di essa mobilitá, la reputo, dico, come una poesia overo un sogno, e per tale la riceva l’Altezza Vostra.


Altrove la chiama una «chimera», un «capriccio matematico», e nasconde la veritá, come fosse un delitto o una vergogna. Di quest’accusa e di questo processo giunse notizia a Tommaso Campanella, e fra’ tormenti del carcere scrisse l’apologiá di Galileo.

Galileo fu lasciato vivere solitario in Arcetri, giá rifugio del Guicciardini, dove i dispiaceri e le malattie prima gli tolsero la vista e poi la vita. Mori nel i642, l’anno stesso che nacque Newton. L’anno dopo Torricelli, suo allievo, trovava il barometro. Tre anni prima moriva Campanella in Francia, dov’erasi rifuggito e dove potè pubblicare la sua filosofia.

A Galileo chiusero gli occhi i discepoli. Le sue scoperte ed osservazioni diedero un impulso straordinario alle scienze, e formarono attorno a lui una scuola di filosofi naturali: Castelli, Cavalieri, Torricelli, Borelli, Viviani, illustri non solo per valore scientifico, ma per bontá di scrivere. Veniva il mondo, di cui erano stati precursori incompresi e perseguitati Alberto Magno e Ruggiero Bacone: Galileo ripigliava la bandiera con miglior fortuna. E l’Italia, maestra di Europa nelle lettere e nelle arti, aveva ancora il primato nelle scienze positive, o, come dicevasi, nella «filosofia naturale». Qui venivano ad imparare gli stranieri, qui Copernico imparava il moto della terra, e qui imparava Harvey la circolazione del sangue. Qui sorgeva l’accademia del Cimento, dove «provando e riprovando», si studiava la natura. Geografia, astronomia, anatomia, medicina, botanica, ottica, meccanica, geometria, algebra ebbero qui i loro primi cultori e propagatori. Tra gli scrittori giova mentovare Francesco Redi, in cui fa la sua ultima comparsa il toscano, giá finito e chiuso in sé, e Lorenzo Magalotti, di una limpidezza giá vicina alla forma moderna.

Altro fu il fato del Campanella. Come Bruno, è un naturalista, e crede che la filosofia non si possa fondare che su’ fatti. Onde Galileo tirava questa conseguenza: che dunque bisognava prima studiare i fatti. In tanta scarsezza di fatti naturali,