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xix - la nuova scienza 253


morali, sociali ed economici, in tante lacune delle scienze positive, filosofare significava foggiarsi un mondo a modo degli antichi filosofi greci, con l’immaginazione divinatrice, ed avere per risultato l’ipotetico e il probabile anziché il certo e il vero. Questo, pensava Galileo, non è scienza. Pure è chiaro che una certa idea del mondo l’avevano anche i filosofi naturali, e che quel medesimo porre le fondamenta della scienza sull’osservazione, e tagliarne fuori le credenze e le fantasie, era giá mettere in vista un mondo metafisico tutto nuovo, il naturalismo, la natura fatta centro di gravitá dello scibile a spese del Dio astratto, o. per parlare secondo quei tempi, Dio fatto visibile e conoscibile nella natura, un Dio intimo e vivo. Questo era il significato stesso di quel movimento, che tirava gli spiriti dalle astrazioni scolastiche alla investigazione de’ fatti naturali; e Bruno e Campanella non fecero che dare a quel movimento la sua coscienza metafisica e fondarvi sopra tutta una filosofía. Se necessario fu Galileo, non fu meno necessario Bruno e Campanella. Un nuovo mondo si formava, una nuova filosofia era in vista all’orizzonte con lineamenti abbozzati appena e vacillanti. Era quella sintesi poetica e provvisoria, preludio della scienza, il presentimento e la divinazione dell’ultima sintesi, risultato di una lunga analisi e corona della scienza. Quella prima sintesi te la dánno Bruno e Campanella, appassionatissimi degli antichi filosofi greci, a cui rassomigliavano.

È una sintesi inorganica e contraddittoria. E la contraddizione è ancora piu. accentuata in Campanella che in Bruno. Trovi in lui scienze occulte e scienze positive, soprannaturale e naturale, medio evo e Rinascimento, tradizione e ribellione, assolutismo e libertá, cattolicismo e razionalismo; e, mentre combatte, come Bruno, le credenze e le fantasie, nessuno piú di lui dommatizza e fantastica. Pongono in opera tutto quel materiale che hanno innanzi, mancando ancora quel lavoro di eliminazione e di analisi, senza il quale è impossibile la composizione. Hanno fede nell’ingegno, e si mettono all’opera con l’ardore di una speciale vocazione: si sentono attirati da una forza fatale verso quelle alte regioni, verso l’infinito o il divino,