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perché ne potesse uscire una soluzione de’ problemi metafisici; e l’Europa era ancora troppo giovane, troppo impregnata di teologia e di metafisica, di misteri e di forze occulte, perché potesse aver la pazienza di studiare i dati de’ problemi prima di accingersi a risolverli. Le «idee innate» e i «vortici» di Cartesio, la «visione in Dio» di Malebranche, la «sostanza unica» di Spinosa, l’«armonia prestabilita» di Leibnizio erano teodicee ipotetiche e provvisorie, che appagavano il pensiero moderno abbandonato a se stesso e attestavano il suo vigore speculativo. Ma l’impulso era dato, e fra quelle immaginazioni progrediva la storia naturale dell’intelletto umano, la scienza dell’uomo. Le Meditazioni di Cartesio, i maravigliosi capitoli di Malebranche sull’immaginazione e sulle passioni, i Pensieri di Pascal, dove l’uomo in presenza di se stesso si sente ancora un enigma, preludevano al Saggio sull’intelletto umano di Giovanni Locke, l’erede di Bacone, di una grandezza eguale alla sua modestia. Ivi la riforma cartesiana aveva la sua ultima espressione, il suo punto di fermata; ivi la filosofia trovava il suo Galileo, realizzava l’ideale del suo risorgimento, al quale fra molti ostacoli tendevano gli uomini nuovi, acquistava la sua base positiva, fondata sull’esperienza e sull’osservazione, sulla «cosa effettuale», come dicea Machiavelli, e col «lume naturale», come dicea Bruno, con la scorta dell’«occhio del corpo e della mente», come dicea Galileo, e leggendo nel «libro della natura», come dicea Campanella. Cadevano insieme forme scolastiche e forme geometriche; la filosofia usciva dal suo tempo eroico ed entrava nella sua etá umana; agli oracoli dottrinali succedevano forme popolari, e vi si affinavano le moderne lingue. La semplicitá, la chiarezza, l’ordine, la naturalezza divenivano le qualitá essenziali della forma, e n’era un primo e stupendo esempio il Saggio di Locke. Cosi la filosofia, nella sua linea divergente, dalla teologia giungeva sino all’opposto; dal soprannaturale e dal soprasensibile giungeva al puro naturale e al puro sensibile, giungeva al motto : «Niente è nell’ intelletto che non sia stato prima nel senso». E non era giá un concetto astratto e solitario: era lo spirito nuovo, penetrato in tutto lo