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Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. II, 1912 – BEIC 1807957.djvu/360

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354 storia della letteratura italiana


era Chiari, non ci era ancora Goldoni. Trattava ogni maniera di argomento secondo il gusto pubblico: commedie sentimentali, commedie romanzesche, come la Pamela, Zelinda e Lindoro, la Peruviana, la Bella selvaggia, la Bella georgiana, la Dalmatina, la Scozzese, l’Incognita, l’Ircana, raffazzonamenti la piú parte e imitazioni francesi. Scrisse anche commedie a soggetto, come il Figlio di Arlecchino perduto e ritrovato, le Trentadue disgrazie di Arlecchino. Si rivelò a se stesso e al pubblico nella Vedova scaltra. Cominciarono le critiche, e cominciò lui ad avere una coscienza d’artista. La vecchia letteratura ondeggiava tra il seicentismo e l’arcadico, il gonfio e il volgare. Goldoni nelle sue Memorie dice:


I miei compatriotti erano accostumati da lungo tempo alle farse triviali e agli spettacoli giganteschi. La mia versificazione non è mai stata di stil sublime; ma ecco appunto quel che bisognava per ridurre a poco a poco nella ragione un pubblico accostumato alle iperboli, alle antitesi ed al ridicolo gigantesco e romanzesco.


Per sua ventura gli capitò una buona compagnia:


— Ora — diceva io a me medesimo, — ora sto bene e posso lasciare il campo libero alla mia fantasia. Ho lavorato quanto basta sopra vecchi soggetti. Avendo presentemente attori che promettono molto, convien creare, conviene inventare. Ecco forse il momento di tentare quella riforma, che ho in vista da cosí lungo tempo. Convien trattare soggetti di carattere: essi sono la sorgente della buona commedia, ed è appunto con questi che il gran Molière diede principio alla sua carriera, e pervenne a quel grado di perfezione, che gli antichi ci avevano soltanto indicato e che i moderni non hanno ancor potuto eguagliare.


Goldoni conosceva pochissimo Plauto e Terenzio; faceva di cappello a Orazio e Aristotele; rispettava per tradizione le regole; ma dice: «Non ho mai sacrificata una commedia che poteva esser buona ad un pregiudizio che la poteva render cattiva». Ciò che chiama «pregiudizio» è l’unitá di luogo. La sua scarsa coltura classica avea questo di buono: che tenea il suo spirito sgombro da ogni elemento che non fosse moderno e contemporaneo. Ciò ch’egli vagheggia non è la commedia dotta,