Pagina:Del riordinamento amministrativo del Regno (Carpi).djvu/9

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tale nessuno osi ora dichiararsi apertamente, non troverà mai abbastanza pronunciata e libera l’autonomia regionaria; ruinerà — voglia o non voglia — il potere del governo centrale. L’unitario vorrà circondare di tanti ritegni l’azione dei parlamenti, o consigli regionari, da renderli una inutile larva di teorica costituzionale.

Qual vantaggio può ritrarre la nazione da questo dualismo militante, da questo attrito di forze che si elidono in pura perdita da ambo i lati? Potrete trovare artificiosi e sottili congegni per frenare, temprare, correggere l’azione centrale governativa di uno Stato, e ce ne porsero esempi i Batavi, i Veneti, e gli Anglo-Sassoni, popoli sdegnosi e fieri della loro indipendenza e libertà; ma se volete applicarli ai governi di tante circoscrizioni territoriali di un medesimo Stato, avrete tutto giorno a riparare a quegli attriti, a quei fenomeni, a quegli abusi che si riprodurranno, sotto forme ed aspetti vari, in ogni luogo, invece di operare energicamente ed efficacemente d’un tratto sul potere centrale con minor sperpero di tempo, di forze e di pubblica moralità.

Pongasi un caso pressochè opposto:

Le nazioni compongonsi di uomini, e vanno soggette a tutte le peripezie morali inerenti alla natura degli elementi dei quali sono composte. Accadono nelle nazioni commovimenti repentini, impensate agitazioni, aberramenti febbrili, che se concorrono nella suprema ragione provvidenziale, come i cataclismi nell’ordine fisico, all’armonia dai contrari, ed all’infinito progresso dell’umano consorzio, presentano però periodi di allucinazioni dissolventi, che possono trarre fra i traviamenti di cieche passioni a perdizione un dato