Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/16

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loro discorso: primo veniva il Rettore, poi la sorella del Rettore, poi il Milese che aveva sposato una figlia di questa ed era diventato, da venditore ambulante di arance e di anfore, il più ricco mercante del villaggio. Seguiva don Predu, il sindaco, cugino delle padrone di Efix. Anche don Predu era ricco, ma non come il Milese. Poi veniva Kallina l’usuraia, ricca anche lei ma in modo misterioso.

— I ladri han tentato di rompere il suo muro. Inutile: è fatato. E lei rideva, stamattina, nel suo cortile, dicendo: anche se entrano trovano solo cenere e chiodi, povera me, povera come Cristo. Ma la mia nonna dice che zia Kallina ha un sacchettino pieno d’oro nascosto dentro il muro.

Ma ad Efix in fondo poco importavano queste storie. Coricato sulla stuoia, con una mano sotto l’ascella e l’altra sotto la guancia sentiva il suo cuore palpitare e il fruscio delle canne sopra il ciglione gli sembrava il sospiro d’uno spirito malefico.

La lettera gialla! Giallo, brutto colore. Chissà cosa doveva ancora accadere alle sue padrone. Da venti anni a questa parte quando qualche avvenimento rompeva la vita monotona di casa Pintor era invariabilmente una disgrazia.

Anche il ragazzo s’era coricato, ma non aveva voglia di dormire.

— Zio Efix, anche oggi la mia nonna rac-