Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/21

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Qualche tempo dopo Lia scrisse ancora annunziando la nascita di Giacinto. Esse mandarono un regalo al nipotino, ma non scrissero alla madre.

E gli anni passarono. Giacinto crebbe, e ogni anno per Pasqua e per Natale scriveva alle zie e le zie gli mandavano un regalo: una volta scrisse che studiava, un’altra che voleva entrare in marina, un’altra ancora che aveva trovato un impiego; poi annunziò la morte di suo padre, poi la morte di sua madre; infine espresse il desiderio di visitarle e di stabilirsi con loro se al paese trovava da lavorare. Il suo piccolo impiego nell’Ufficio della Dogana non gli piaceva: era umile e penoso, gli sciupava la giovinezza. E lui amava la vita laboriosa, sì, ma semplice, all’aperto. Tutti gli consigliavano di recarsi nell’isola di sua madre, per tentar la fortuna con un onesto lavoro.

Le zie cominciarono a discutere; e più discutevano meno si trovavano d’accordo.

— Lavorare? — diceva donna Ruth, la più calma. — Se il paesetto non dava risorse neppure a quelli che c’eran nati?

Donna Ester invece favoriva i progetti del nipote, mentre donna Noemi, la più giovane, sorrideva fredda e beffarda.

— Egli forse crede di venir qui a fare il signore. Venga, venga! Andrà a pescare al fiume....