Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/22

Da Wikisource.

— 14 —

— Egli stesso dice che vuol lavorare, Noemi, sorella mia! Lavorerà dunque: farà il negoziante come suo padre.

— Doveva farlo prima, allora. I nostri parenti non hanno mai comprato buoi.

— Altri tempi, Noemi, sorella mia! Del resto i signori sono appunto i mercanti, adesso. Vedi il Milese? Egli dice: il Barone di Galte adesso sono io.

Noemi rideva, con uno sguardo cattivo negli occhi profondi, e il suo riso scoraggiava donna Ester più che tutti gli argomenti dell’altra sorella.

Tutti i giorni era la stessa storia: il nome di Giacinto risuonava per tutta la casa, e anche quando le tre sorelle tacevano egli era in mezzo a loro, come del resto lo era stato sempre fin dal giorno della sua nascita, e la sua figura ignota riempiva di vita la casa in rovina.


Efix non ricordava di aver mai preso parte diretta alle discussioni delle sue padrone: non osava, anzitutto perchè esse non lo interpellavano, poi per non aver scrupoli di coscienza: ma desiderava che il ragazzo venisse.

Egli lo amava, lo aveva sempre amato come una persona di famiglia.

Dopo la morte di don Zame, egli era rimasto con le tre dame per aiutarle a sbrigare i loro affari imbrogliati. I parenti non