Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/23

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si curavano di loro, anzi le disprezzavano e le sfuggivano; esse non eran capaci che delle faccende domestiche e neppure conoscevano il poderetto, ultimo avanzo del loro patrimonio.

— Starò ancora un anno al loro servizio, — aveva detto Efix, mosso a pietà del loro abbandono. Ed era rimasto venti anni.

Le tre donne vivevano della rendita del podere coltivato da lui. Nelle annate scarse donna Ester diceva al servo, giunto il momento di pagarlo (trenta scudi all’anno e un paio di scarponi):

— Abbi pazienza, per l’amor di Cristo: il tuo non ti mancherà.

E lui aveva pazienza, e il suo credito aumentava d’anno in anno, tanto che donna Ester, un po’ scherzando, un po’ sul serio gli prometteva di lasciarlo erede del podere e della casa, sebbene egli fosse più vecchio di loro.

Vecchio, oramai, e debole: ma era sempre un uomo, e bastava la sua ombra per proteggere ancora le tre donne.

Adesso era lui che sognava per loro la buona fortuna: almeno che Noemi trovasse marito! Se la lettera gialla, dopo tutto, portasse una buona notizia? Se annunziava una eredità? Se fosse appunto una domanda di matrimonio per Noemi? Le dame Pintor avevano ancora ricchi parenti a Sassari e a