Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/55

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tirsi, laggiù. Mi sembra di rivedere la madre di vossignoria, donna Maria Cristina, seduta sulla panca all’angolo del grande cortile. Sembrava una regina, con la gonna gialla e lo scialle nero ricamato. E le donne di tanti paesi le stavano sedute intorno come serve.... Essa mi diceva: Pottoi, vieni, assaggia questo caffè; cosa ti pare, è buono? — Sì, così umile era. Ah, per questo non amo neppure tornare laggiù; mi pare che ci ho lasciato qualche cosa e che non la ritroverei più....

Noemi assentì vivacemente, con la testa reclinata sul lavoro; la voce della vecchia le sembrava l’eco del suo passato.

— E don Zame, missignoria? Era l’anima della festa. Gridava, spesso, sembrava la burrasca, ma in fondo era buono. L’arcobaleno c’è sempre, dietro la tempesta. Ah, sì, proprio in questi giorni, quando sto seduta giù a filare, mi sembra di sentire un passo di cavallo.... Eccolo, è lui che va alla festa, sul suo cavallo nero, con le bisacce piene.... Passa e mi saluta: Pottoi, vieni in groppa? Su, mala fata!

Ella rifaceva commossa la voce del nobile morto; poi, a un tratto, seguendo i suoi pensieri, domandò:

— E questo don Giacintino non arriva più?

Noemi s’irrigidì, perchè non permetteva a nessuno di immischiarsi nei fatti di casa sua.

— Se verrà ch’egli sia il benvenuto, —