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Passando sotto il poderetto s’eran fermati un momento; ed Efix aveva additato con tenerezza d’amante la sua collina, il ciglione ove le canne tremavano rosee al tramonto, la capanna appiattata tra il verde ad aspettarlo.

— Io sto qui tutto l’anno. E vossignoria verrà quando ci saran gli ortaggi e le frutta da portare al paese.... Ma il suo cavallo non sopporta la bisaccia! — aggiunse socchiudendo gli occhi contro il barbaglio della bicicletta.

— Io me ne vado a Nuoro! — disse Giacintino, pur guardando il podere di sotto in su come si guarda una persona.

— Qualche volta verrà! Prima che faccia troppo caldo, e poi in autunno si sta bene all’ombra, lassù! E di notte? La luna ci fa compagnia come una sposa. E le angurie qua sotto nell’orto sembrano allora boccie di cristallo.

— Sì, qualche volta verrò, — promise Giacinto, buttandosi giù dalla macchina svelto come un uccello.

Ed era stato lui, quasi vinto dalle descrizioni del compagno, a proporre di visitare il poderetto.

Ed avevano visitato il poderetto, lasciando giù il cavallo a strappare qualche fronda della siepe del muricciolo.

Efix fece osservar bene al nuovo padron-