Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/81

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cino le arginature costrutte da lui con metodi preistorici: e il giovane guardava con meraviglia i massi accumulati dal piccolo uomo, e poi guardava questi come per misurare meglio la grandiosità della costruzione.

— Tutto da solo? Che forza! Dovevi esser forte, in gioventù!

Efix arrossì.

— Sì, ero forte! E il sentiero, non l’ho fatto io?

Il sentiero serpeggiava su, rinforzato anch’esso da muriccie, come da terrapieni eran sostenuti i ciglioni e i rialzi del poderetto: un’opera paziente e solida che ricordava quella degli antichi padri costruttori dei nuraghes.

E su, e su, ad ogni scaglione si fermavano e si volgevano a contemplare l’opera del piccolo uomo, e lo straniero aveva curiosità infantili che divertivano il servo.

— Il fiume si gonfia d’inverno?

— Cos’è questo? — domandava tirando a sè qualche fronda di alberello.

Non conosceva nè le piante nè le erbe; non sapeva che i fiumi straripano in primavera! Ecco la striscia coltivata a ceci, pallidi già entro le loro buccie puntute: ecco le siepi di gravi pomidoro lungo il solco umido, ecco un campicello che sembra di narcisi ed è di patate, ecco le cipolline tremule alla brezza come asfodeli, ecco i cavoli