Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/82

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solcati dai bruchi verdi luminosi. Nugoli di farfalle bianche e giallognole volavano di qua e di là, posandosi, confondendosi coi fiori dei piselli: le cavallette si staccavano e ricadevano come foglie sbattute dal vento, le api ronzavano lungo le muriccie come dorate dal polline dei fiori su cui posavano. Una fila di papaveri s’accendeva tra il verde monotono del campo di fave.

E un silenzio grave odoroso scendeva con le ombre dei muricciuoli, e tutto era caldo e pieno d’oblio in quell’angolo di mondo recinto dai fichi d’india come da una muraglia vegetale, tanto che lo straniero, arrivato davanti alla capanna, si buttò steso sull’erba ed ebbe desiderio di non proseguire il viaggio.

Fra una canna e l’altra sopra la collina le nuvole di maggio passavano bianche e tenere come veli di donna; egli guardava il cielo d’un azzurro struggente e gli pareva d’esser coricato su un bel letto dalle coltri di seta.

Vedeva Efix aprire la capanna, volgersi richiamandolo con un gesto malizioso dell’indice, poi ritornare con qualche cosa nascosta dietro la schiena e inginocchiarsi ammiccando. Sognava?

S’alzò a sedere cingendosi le ginocchia con le braccia e si fece un po’ pregare prima di prendere la zucca arabescata piena di vino giallo che il servo gli porgeva. Infine bevette: era un vino dolce e profumato come