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Pagina:Deledda - Cattive compagnie, Milano, Treves, 1921.djvu/128

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118 cattive compagnie


ultimamente, Matteu, il più giovane, un bell’uomo sui quarantacinque anni, non s’era neppure accorto delle occhiate languide e insistenti della nipote Ballòra.

In quel tempo dell’anno, cioè verso la fine dell’inverno, in casa Pintore restavano solo le donne, i fanciulli e il fratello anziano, che soffriva d’un erpete incurabile. Gli altri fratelli svernavano con le loro greggie nelle pianure di là del Nuorese.

L’inverno era stato rigido e lungo: sull’altipiano e sulle montagne i venti cominciavano a placarsi, e le roccie buttavano via il loro mantello di neve. Si scorgeva l’Orthobene verde come uno smeraldo, e nella valle d’Oliena i mandorli fioriti parevano, in lontananza, sul nero delle vigne arate, macchie e cespugli ancora coperti di neve.

I Pintore, che erano in lutto per la morte della moglie del fratello anziano, durante quell'inverno visserò come selvaggi. Le donne non uscivano mai di casa, e anche Ballòre, il vedovo, tormentato dal suo erpete, stava sempre sdraiato su una stuoia, accanto al fuoco, divertendosi a raccontare storielle ai bambini.

Ballòra piangeva spesso, ricordando la madre morta, ma poi si confortava pensando allo zio Matteu, un Cristo gigante dalla barba