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144 | cattive compagnie |
di uomo primitivo, un sera vide appunto la luna grande e rosea affacciarsi tra i pioppi; la rivide, più bella, entro il piccolo stagno, e per un momento si fermò, con gli occhi fissi sul quadro luminoso dell’acqua, affascinato da quel mondo ignoto, da quel cielo lontano e misterioso che appariva come nel cuore della terra. Una vecchia lepre, che abitava fra le macchie di gaggia della riva, vide l’uomo nero, il nemico per lei mostruoso, e scappò agile e silenziosa, lunga e con le orecchie rigide e dritte come coltelli pronti alla difesa.
L’uomo rimase coi suoi sogni: la lepre perdette i suoi, ma si salvò. Arrivata nel più folto del bosco si raggomitolò sotto un cespuglio nero, e stette lungamente in ascolto, sporgendo e ritirando il musino tremante. Il suo cuore batteva forte, come da mesi e mesi non batteva più.
Sì, dopo le ultime inondazioni, durante le quali le lepri che abitavano risola erano completamente scomparse, o cacciate, o prese dai pescatori, o travolte dal fiume invasore, la vecchia lepre s’era creduta sola padrona del luogo, e aveva sognato di vivere tranquilla per tutto il resto dei suoi giorni. Era vecchia, stanca, sola. I suoi piccini l’avevano abbandonata; i leproni non la volevano più. Tanto va-