Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/11

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chiuse gli occhi e la baciò; e da quel giorno i due giovani s’amarono selvaggiamente, diffondendo il segreto della loro passione alle macchie più silenziose, ai cespugli della riva, ai neri nascondigli dei nuraghes solitari.

Oppressa dalla solitudine e dalla miseria Olì amava il giovine per ciò che egli rappresentava, per le cose e le terre maravigliose che egli aveva vedute, per la città dalla quale veniva, per il ricco padrone che serviva, per i fantastici disegni che egli tracciava nell’avvenire; ed egli amava Olì perchè era bella ed ardente: entrambi incoscienti, primitivi, impulsivi ed egoisti, si amavano per esuberanza di vita e per bisogno di godimento.

Anche la madre di Olì, a quanto narrava la figliuola, era stata una donna fantastica e ardente.

— Ella era di famiglia benestante, — raccontava Olì, — ed aveva parenti nobili che volevano maritarla con un vecchio possidente. Mio nonno, il padre di mia madre, era un poeta: in una notte improvvisava tre o quattro canzoni, e tanto erano belle che, appena un cantastorie le ripeteva per la strada, tutto il popolo le apprendeva e le ripeteva con entusiasmo. Ah, sì, mio nonno era un gran poeta! Alcune sue poesie le so anch’io, insegnatemi da mia madre. Aspetta, senti questa.

Ella recitava qualche strofa in dialetto logudorese, poi riprendeva: — il fratello di mia madre, zio Merziòro De-