Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/126

Da Wikisource.

— 120 —


Margherita rise: rise anche Anania, ma il suo riso si spense subito, come troncato da un improvviso pensiero triste. Camminarono in silenzio.

— Ebbene, questi lampioni; bisognerà provvedere, — disse piano, parlando a sè stesso, il signor Carboni; poi a voce alta: — Cosa hai detto per il direttore?

— Che è un fossile.

— Bravo! E se io vado a dirglielo?

— Che mi fa? Tanto l’anno venturo me ne vado.

— Ah, te ne vai? E dove?

Anania arrossì, ricordandosi che non poteva andar via senza l’aiuto del signor Carboni. Che significava ora la sua domanda? Non ricordava più? O si burlava di lui? O voleva fargli pesare già la sua protezione?

— Non lo so, — disse a bassa voce.

— Ah! — riprese il sindaco, — tu vuoi andar via? Non vedi l’ora di andar via? Andrai, andrai: tu vuoi volare già, tu scuoti già le ali, uccellino! Ebbene, ssssst, vola! — Fece atto di lanciare in aria un uccello, poi battè la mano sulle spalle del figlioccio. Ed Anania sospirò, e si sentì leggero, lieto e commosso come se veramente avesse spiccato il volo.

Margherita rideva: e nel silenzio della notte il riso vibrante di lei pareva ad Anania, fattosi uccello, il fremito arcano d’un ramo fiorito sul quale egli poteva posarsi e cantare.