Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/167

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figlio delle mie azioni. Chi sa, del resto, che quella donna non sia morta? Ah, perchè mi illudo? Essa non è morta, lo sento; è viva, è giovane ancora. Quanti anni ha adesso? Trentatrè anni, forse; ah, è ben giovane!

Quest’idea lo inteneriva alquanto.

— Se ella avesse cinquant’anni non potrei perdonarle. Ma perchè mi ha ella abbandonato? Se mi avesse tenuto con sè non sarebbe più caduta: io avrei lavorato, a quest’ora sarei un servo, un pastore, un operaio. Non conoscerei Margherita, non sarei infelice Mio Dio, mio Dio, fate che ella sia morta! Ma perchè faccio questa stupida preghiera? No, ella non è morta. Ma perchè dovrei io cercarla? Non mi ha ella abbandonato? Io sono un pazzo, e Margherita riderebbe se sapesse ch’io combatto una così stupida lotta. Ebbene, sono io forse il primo o l’ultimo figlio della colpa, che si innalza e si fa stimare? Sì, ma lei è l’ombra. Io devo cercarla e farla vivere con me, e una donna onesta non vorrà mai vivere con noi: io e lei saremo la stessa persona. Domani io devo scrivere a Margherita. Domani. Se ella mi volesse egualmente?

Questo pensiero lo colmò di dolcezza; ma subito dopo ne sentì tutta l’assurdità e ricadde nella disperazione.

Nè l’indomani nè poi egli potè svelare a Margherita il segreto proposito che lo incalzava, lo sollevava e lo avviliva continuamente.

— Glielo dirò a voce, — pensava, ma sentiva